Un giorno, Enzo Ferrari, quando scorse nello spazio antistante lo stabilimento di Maranello la macchina posteggiata con la quale era venuto in azienda il giovane pilota milanese Andrea De Adamich, fece una smorfia, alla quale fece seguito un commento salace sulla roadster inglese. Ma nel 1959 Andrea De Adamich, in seguito pilota di F1 con la Ferrari, vinse in Campionato Italiano della Montagna nella categoria GT di 2000 cc. Le Triumph TR3/TR3A/TR3B comparvero dal 1955 rimanendo in listino fino al 1962 e costruite in circa 76.000 esemplari.
Queste roadster, con le MG “A”, rappresentarono al meglio l’idea della macchina sportiva inglese in un epoca di grande espansione culturale e commerciale. Sono gli anni del rock’n’ roll, della conquista dello spazio, dell’iperrealismo, della pop art e gli inglese hanno un’idea della macchina sportiva che non dimentica, anzi esalta lo stile aerodinamico e le atmosfere delle carlinghe degli aerei da combattimento ad elica. Gli americani seguirono invece l’impulso stilistico dato dalla cultura aeronautica dei motori a reazione. Questo in sostanza il distinguo che diversifica la genesi delle due scuole di pensiero. Se osservate il profilo laterale della TR3 con la linea di cintura che si abbassa quasi a terra per accentuare lo slancio del parafango posteriore, i fari aggettanti, la coda nuda con i rostri verticali tipo AC Cobra e l’abitacolo con la strumentazione, i pomelli a profusione e il cambio alto sul tunnel di trasmissione, vi potete immedesimare.
Poi immaginate un pomeriggio plumbeo con rovesci di pioggia, all’interno dell’abitacolo ci si ritrova come in una carlinga di un aereo degli anni ’40: rumore, sconquasso, assoluta attenzione nel pilotaggio e alla strumentazione, emozione, timore dell’imprevisto, palpitazione, ma poi gioia, esaltazione e amore per la propria macchina d’acciaio. E’ innegabile che queste atmosfere indotte, abbiano creato un forte elemento romantico e coinvolgente che una vettura come la Triumph TR3 ha mirabilmente incarnato. Passiamo ad osservare la meccanica: Roberto Bargagna, il proprietario, ha voluto incrementare la potenza sostituendo i carburatori originali SU HS4 a depressione con una coppia di poderosi Weber DCOM con diffusore da 40 mm a doppio corpo e trombette d’aspirazione; per ottimizzare la modifica all’alimentazione ha preparato la testata con nuove sedi valvole in acciaio sinterizzato e lucidatura differenziata dei condotti di aspirazione e scarico. Ma andiamo con ordine: il motore a corsa lunga (83×92 mm) ad aste e bilancieri di 1.991 cc derivava da quello montato sul trattore Triumph-Ferguson TE 20 a valvole in testa. A dispetto della sua origine rurale, questo motore nelle sue versioni sportive, brillò, nelle competizioni a cavallo degli anni ’50, dotato fra l’altro di un albero motore dalla robustezza inavvicinabile. E’ l’idea tipica della scuola anglosassone che si affida per i modelli sportivi a versioni derivate dalla serie.
Il motore, totalmente rivisto, è stock, mentre la compressione leggermente elevata a 9:1 regala, grazie all’alimentazione, all’aspirazione e al resto, una diecina di cavalli in più, superando per questo TR3 A, la soglia dei 110cv a 5.500 giri/min; il raffreddamento a liquido (17,4 litri) ha una pompa dell’acqua maggiorata e un’elettroventola supplementare con accensione automatica e manuale. Il cambio a quattro rapporti è std come l’overdrive, la frizione e i rapporti al ponte, che consentono a questa Triumph di raggiungere una velocità massima superiore ai 180 km/h. L’impianto elettrico ora a 12 volt, consta di un nuovo motorino di avviamento più potente e di una bobina Bosh potenziata. L’autotelaio classico della TR 3 a traverse a X in acciaio sul quale è imbullonata la carrozzeria, alloggia una coppia di ammortizzatori Spax a gas regolabili anteriormente e due ammortizzatori a dito e leva posteriori maggiorati; i cerchi a 60 raggi cromati sono da 4”, mentre gli pneumatici maggiorati sono da 160×15”, in luogo degli originali da 155. La macchina, che monta un bel volante Motolita a tre razze, necessita in curva di una buona attenzione, si corica correttamente, ma la rigidità della struttura ne comporta una reattività che necessita di particolare attenzione. Sul bagnato, esagerare è solo per chi procede a “vita persa” e andare veramente forte “le roba de matt”! Con il tonneau-cover e il wind-screen la TR 3 A “big mouth” aggredisce l’asfalto con l’intento di sbranarlo perché, memento: la velocità è una sensazione, un punto di vista, in un mondo in cui tutto è relativo.